venerdì 21 agosto 2015

Dalla Cina le scoperte che rivoluzionano i segreti del volo silente dei gufi!

Il percorso evolutivo degli Strigiformi ha portato questi predatori a sviluppare una serie di aspetti morfologici e sensoriali tanto raffinati, da consentire a questi uccelli di cacciare nell’oscurità più assoluta, senza apparenti difficoltà.
Il successo predatorio notturno di allocchi, gufi e civette è correlato all’abilità di questi animali nel tuffarsi nel buio catturando animali, che si muovono localizzandoli con un ottimo udito, vista perfettamente adattata all’oscurità e ad artigli molto affilati.
Il volo del barbagianni, grandi scoperte dalla Cina (foto di Moreno Nalin)
Questa strumentazione non sarebbe così efficace, se non fosse assistita da un volo assolutamente silenzioso. 
Per anni si è attribuita questa efficacia nel volo, alla presenza di penne remiganti con una frangiatura sulla lamina esterna delle remiganti più grandi ed apicali.
In effetti questo “pettine” dotato di una curiosa dentellatura, posta sulle penne remiganti, contribuisce in modo davvero significativo alla riduzione del rumore, prodotto dall’attrito durante il volo.
la dentellatura del pettine sulle remiganti di gufo comune (foto di Marco Mastrorilli)
Tuttavia alcuni recentissimi studi condotti in Cina, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno ampliato a dismisura le conoscenze di questi voli silenti e ora si stanno delineando alcune straordinarie scoperte etologiche e morfologiche, che spiegano meglio i segreti dei voli silenziosi dei gufi. 
Per sviluppare questi studi così tecnici ed approfonditi sono stati effettuati monitoraggi comprativi su diverse specie di Strigiformi e su diversi ordini di uccelli per raffrontare anche quali siano le peculiarità dei rapaci notturni.
Mascha e Graham a inizio del secolo scorso, avevano definito i 3 parametri che rendono il volo esclusivo dei gufi così silenzioso.
Il primo è quello noto da tempo, ovvero la presenza del pettine sulle remiganti esterne. 
Il secondo aspetto, peraltro era non comprovato da prove scientifiche, era la presenza di una frangiatura, meno nota ed evidente sulla lamina interna, che ipotizzavano potesse ridurre l’attrito dello sfregamento delle penne durante il volo. 
Infine, il terzo parametro era la presenza di un piumaggio molto morbido, che rende meno rigido il battito d’ali e il volo attendo i rumori prodotti dall’attrito.
La morbidezza del piumaggio di un barbagianni (foto di Marco Mastrorilli)
Con l’avvento di nuove tecnologie la scienza ha fatto passi da giganti e il volo dei rapaci notturni deve essere nuovamente codificato.
Alcuni studi condotti sul barbagianni, sul pettine esterno delle remiganti mostrano una leggera piega della punta di ogni singola punta della frangiatura verso l’alto. Un sistema che svolge un ruolo preminente nel controllo del flusso d’aria e nella conseguente riduzione del rumore durante il volo. Si ipotizza, come già accaduto in passato, che queste evoluzioni genetiche possano essere applicate nell’ingegneria areonautica, per migliorare l’efficacia di alcuni aeroplani. 
Non è la prima volta che la natura insegna all’uomo la strada per nuove strade pionieristiche. Leonardo da Vinci insegna...
ecco un disegno per capire come è fatta una penna 
come è fatta una penna (disegno di Micol Sangiovanni)
Il fatto davvero sorprendente che riscrive la storia del volo dei gufi, evidenzia che anche le lamine interne delle remiganti, contribuiscano a contenere il rumore con un eclatante smorzamento della vibrazione delle penne, è un elemento innovativo. 
Gli studi recentissimi, targati Cina 2015, hanno evidenziato che la trama della lamina interna, mostra una efficiente funzione fonoassorbente. E’ un’insieme di studi e ricerche che rivoluzionano le conoscenze sinora acquisite, poiché, dimostra un sistema molto più complesso per spiegare il silente volo dei gufi.
ecco il particolare della penna di barbagianni con la frangiatura interna recente scoperta (tratta dal lavoro di Bachmann)
Grazie all’uso di microscopi elettronici e di riprese video ad alta velocità, è stato possibile verificare le proprietà acustiche dei piumaggi dei gufi e tra queste un importante e prezioso  coefficiente di assorbimento acustico nonché la misurazione di un valore correlato al rumore di volo, nel quale il gufo primeggia su qualsiasi volatile.
Una comparazione scientifica condotta sulle penne di gufo reale e di poiana, in un’altra indagine Made in China, ha mostrato che la dentellatura esterna e la frangiatura interna della lamina sfregando una sull’altra, migliora sensibilmente la fluttuazione della pressione delle turbolenze dell’aria sopprimendo di fatto buona parte del rumore prodotto dall’ala per via dell’attrito.

ecco come arriva l'aria e il punto nel quale l'azione fonoassorbente delle penne riduce il rumore dell'attrito 
Le barbule distali, inoltre, che formano il vessillo creano negli Strigiformi una griglia porosa a più strati, che accentua il potere fonoassorbente. 
Nel complesso le ultime ricerche dimostrano che il volo silenzioso è aiutato certamente dalla frangiatura esterna delle ultime remiganti come si pensava in passato, ma invero ogni remigante trova nella sua forma, struttura e morbidezza un aspetto che conferisce agli Strigiformi il potere quasi magico di volare nel silenzio più assoluto. 
Non è magia, ma il potere dell’evoluzione genetica che ha trasformato questi uccelli in predatori notturni silenti e infallibili. 
Queste scoperte sono solo all’inizio e siamo certi che arriveranno altre novità e chissà forse un giorno voleremo su un aereo capace di planare nei cieli con l’efficienza del barbagianni.
Se avete domande sulle penne dei gufi, se trovate una penna e volete un consulto, se volete fare una tesi, uno stage o volete collaborare con me. Scrivete qui, la porta è sempre aperta!
Un grazie a Moreno Nalin per la foto d'apertura del barbagianni e a Micol Sangiovanni per il disegno della penna.
A questo punto vi lascio alla lettura delle referenze bibliografiche, ma non prima di avervi emesso un bel gufociao! 

Graham R., 1934.  “The silent flight of owls,” Journal of the Royal Aeronautical Society, vol. 38, pp. 837–843.
Mascha, E., 1903. “Über die Schwungfedern,” Zeitschrift für Wissenschaftliche Zoologie, vol. 77, pp. 606–651, 

lunedì 10 agosto 2015

MARCO MASTRORILLI: INTERVISTA TV UN 2015 DI SUCCESSO ALL INSEGNA DEI GUFI

Marco Mastrorilli, il vostro owlstoryteller parla di gufi civette in TV nel TG di Telecolor!

.. e anche del nostro blog...

owlstorytelling arriva in TV!!!





venerdì 7 agosto 2015

Indovina chi viene a cena? Mrs. Civetta delle tane!

Quando si studia il sistema trofico di un predatore, ovvero di cosa si nutre, è facile scoprirne alcuni adattamenti, correlati in modo stretto ai differenti ecosistemi colonizzati. 
Ma il caso della Civetta delle tane Athene cunicularia, prevarica le aspettative di ogni ornitologo e pur mantenendo alcune abitudini consolidate, è facile intuire che una specie che caccia di giorno e di notte dal Canada alla Terra del fuoco possa rivelare notevoli sorprese. 
Addentriamoci quindi alla scoperta della dieta di queste simpatiche predatrici.

Civette delle tane Athene cunicularia grallaria in aspetto "terrifico" per spaventare l'intruso (ph. Celso Paris - Brasile)
Le civette delle tane sono predatori opportunisti, che amano alimentarsi, prevalentemente di insetti (meglio grossi coleotteri ed ortotteri) e micro-mammiferi, ma non disdegnano come vedremo molteplici divagazioni sul tema. 
La sua tecnica di caccia preferita prevede che durante il giorno le civette restino spesso nei pressi dei tunnel e catturino gli insetti che capitano a portata di artigli, ma con l’arrivo dell’oscurità l’areale di foraggiamento si dilata e con questo anche lo spettro alimentare.
Diamo uno sguardo nell’emisfero nord e tuffiamoci nella realtà selvaggia della British Columbia (Canada). 
un posatoio speciale per la civetta delle tane 
Siamo nel margine più settentrionale dell'areale riproduttivo di questo Strigide e qui la sorpresa è constatare che il prelievo di mammiferi investe una predominanza in tutte le stagioni. I coleotteri ovviamente, per motivi anche climatici sono predati solo in primavera ed all’inizio dell’estate. 
Con l’avanzare della bella stagione sono le cavallette a divenire preda elettiva di queste civette che zampettano tra la vegetazione prativa e rincorrono i saltellanti ortotteri.
Scendendo verso sud, scopriamo che alcune civette in mancanza di cibo migrano e il sud del Texas si trasforma in una eccezionale area di svernamento, che considerato il potenziale per questo Strigide è   monitorata, con grande attenzione, dall’Università di Corpus Christi
Per un quinquennio sono state seguite ed indagate le civette delle tane svernanti e sono emerse abitudini interessanti: ad esempio, una prevalenza di attività di foraggiamento notturna e si è scoperto che i grilli sono le prede elettive di questi piccoli predatori che saltellano nelle praterie con i loro tarsi ben sviluppati. 
Inoltre è stato osservato che nel selezionare i tunnel per riposarsi le civette selezionavano cavità a terra, ma con diametri inferiori ai 15 cm. 
Civetta delle tane (ph. Celso Paris)
I buchi più piccoli non fanno altro che dimostrare  che questa selezione offre maggiori garanzie dalle minacce rappresentate da vari predatori terrestri.
Ma il fascino di queste civette accresce con il lento trascorrere della latitudine: raggiunti gli arcipelaghi delle Antille, alcune civette delle tane mostrano inclinazioni alla caccia differenti trasformandosi in fameliche cacciatrici di uccelli.
James Wiley ha studiato lo spettro trofico di queste civette insulari e le sorprese non sono mancate proprio nella Repubblica Dominicana dove è riuscita una ricerca davvero insolita.
Le civette, che popolano le splendide isole bagnate dall’Atlantico, catturano molti vertebrati. 
Un numero superiore rispetto alle civette continentali, sono ben oltre il 20% gli uccelli predati e addirittura il 14% i rettili che cadono tra gli artigli di questa piccola predatrice terricola.
Del resto l’abitudine di predare serpentelli, lucertole e qualche altro rettile non era sfuggita nemmeno a Darwin, che aveva osservato questa consuetudine direttamente nelle pampas argentine.
Proprio in Argentina la Lechuchita vizchachera (ecco il nome argentino di questa civetta) è stata studiata e monitorata cercando di capire quali siano le preferenze alimentari in aree subdesertiche del sud America. 
Lechuchita vizchachera il nome argentino della civetta delle tane (ph. Celso Paris)
In questo modo saltelliamo da un continente all’altro scopriamo che le attenzioni predatorie convergono su micro mammiferi che sono probabilmente più abbondanti di altre prede (uccelli e parzialmente i rettili) che viceversa in aree insulari avevano destato l’attenzione e la meraviglia dei ricercatori.
Ma il Sud America, roccaforte di questi predatori, si ritrova in una regione zoogeografica che nel corso di questi ultimi anni ha subito e sta subendo mutamenti climatici sostanziali.
Il fenomeno climatico El Niño, è stato studiato dall’Università Cattolica di Santiago del Cile che lo ha contrapposto ai trend demografici dei rapaci; la civetta delle tane è divenuta una specie target poiché sono stati messi in evidenza i primi riflessi di questo straordinario influsso climatico sulla fauna selvatica. Il nome El Niño, tradotto letteralmente "il bimbo", riporta alla nascita di Gesù, poiché si era notato che il fenomeno si intensificava nel periodo invernale, proprio nel periodo natalizio. 
Nonostante si ritenga generalmente che questo fenomeno esista da sempre (o perlomeno da epoche remotissime), gli effetti sono stati descritti per la prima volta solo nel 1923 da Sir Gilbert Walker. 
La parte di questo fenomeno che riguarda l'atmosfera è denominato Oscillazione Meridionale, che si riflette con notevoli fluttuazioni mensili o stagionali in un ampissimo comprensorio tra Tahiti e Darwin (Australia), nel quale si registrano mutevoli differenze di pressione atmosferica. 
Fra i mutamenti del clima che questo fenomeno induce, sono particolarmente rilevanti quelli che causano l'aumento della piovosità sull'America Centrale e sul Perù, in cui possono verificarsi alluvioni anche distruttive, e i conseguenti periodi di forte siccità nelle regioni del Pacifico orientale, talvolta associati a devastanti incendi in Australia. 
Questi notevoli cambiamenti incidono in modo significativo sulla possibilità dei predatori di alimentarsi regolarmente e sono stati oggetto di uno studio durato 16 anni che ha evidenziato la disponibilità trofica delle prede in relazione ai fenomeni estremi legati a El Niño.

I ricercatori sudamericani hanno diviso i predatori in due gruppi: gli specialisti e i generalisti ed onnivori. In carenza di alcune tipologie di prede (specie gli artropodi), che riguardano anche le nostre civette delle tane, si sono manifestati molti casi di simpatria talvolta anche esasperati dalla rarefazione di prede, dimostrando che alcuni effetti sulla demografia dei rapaci possono essere indotti da fenomeni così invasivi come El Niño. Il clima può cambiare le sorti di una popolazione di Strigidi, ma forse a pensarci bene anche quelle del genere umano. Forse le civette sono solo sentinelle, segnali di un cambiamento... La prossima Conferenza sul Clima che si terrà a Parigi il prossimo dicembre 2015... dovrà per forza cambiare le sorti del Pianeta... e la cambierà certamente perché in caso di immobilismo, il Pianeta potrebbe non concederci un altra chance! 
Un grazie speciale all'amico Celso Paris, grande fotografo brasiliano per aver concesso le foto ad Owlstorytelling.  In Brasile le civette delle tane vengono chiamate Coruja Buraqueira.
In una delle prossime puntate parleremo del nome scientifico della civetta delle tane, poiché è dibattuto ed è stata descritta e segnalata per alcuni periodi come Speotyto cunicularia. 

Se ami gufi, vuoi collaborare con me, se vuoi fare una tesi sui gufi o sui rapaci notturni, se vuoi renderti partecipe di progetti di tutela sugli Strigiformi o semplicemente vuoi chiedermi qualcosa scrivi qui.